Richiesta mondiale consumo delle mandorle
Nel 2012 la produzione mondiale di mandorle è stata di circa 2 Ml di t, registrando un calo del 20% rispetto al raccolto medio dei cinque anni precedenti (dati FAO 2014), ma con un incremento del 30% rispetto al 2000. In base ai dati medi 2008-12, il 47% della produzione totale è nelle mani degli Stati Uniti, in particolare della California, con circa 1 ML di t/anno di mandorle in guscio prodotte; seguono la Spagna con 220.000 t/anno (9,5% del totale), l’Australia con 140.000 t/anno (6% del totale), l’Iran con 127.000 t/anno (5,5% del totale) e l’Italia che con 106.000 t/anno copre il 4,6% della produzione mondiale. Se consideriamo i dati di produzione del prodotto sgusciato, l’incidenza della produzione statunitense sulla produzione mondiale arriva a toccare l’80% (fonte INC, 2012). La mandorlicoltura nel mondo si estende per 1,6 Ml di ha (dati FAO 2012), concentrati soprattutto in Spagna (33%), USA (18%), Tunisia (10,8%) e Marocco (8,7%). Nonostante negli Stati Uniti la superficie investita nella coltura (315.000 ha) sia quasi la metà rispetto a quella spagnola (530.000 ha), la produzione mandorlicola risulta essere 5 volte maggiore per effetto della selezione di cultivar ad alta resa e dell’utilizzo di sistemi intensivi con una gestione degli impianti sempre più meccanizzata (dati FAO 2012). Il volume dell’export mondiale di mandorle sgusciate si aggira attorno alle 533.000 t/anno (media 2007-11, dati FAO 2014), per un valore medio annuo complessivo di circa 2,5 miliardi di dollari, andamento che si conferma in continua crescita (+ 32,6 % nel 2011 rispetto al 2007). Gli Stati Uniti esportano il 32% della produzione interna, pari al 71% del totale mondiale. La restante quota viene coperta principalmente da Spagna (10%), Cina (3%) e Australia (2,5%). L’Italia esporta appena l’1,1% del totale. La Germania, con 74.300 t/anno circa di prodotto sgusciato, domina il mercato delle importazioni; seguono la Spagna, che non riuscendo a coprire il fabbisogno interno importa all’anno mediamente 64.000 t di mandorle, la Cina (38.500 t/anno), l’Italia (28.500 t/anno) (Fig. 4), la Francia (28.500 t/anno) e gli Emirati Arabi Uniti (28.500 t/anno). Il deficit produttivo dell’Italia comporta ogni anno un flusso in uscita dal Paese di circa 138 ML di dollari, valore destinato a crescere grazie all’aumento del consumo nazionale di mandorle sgusciate verificatosi dal 2008 al 2011 (+36,7%), trend che segue l’andamento mondiale (+37,5%). La mandorlicoltura italiana ha ricoperto un ruolo di primaria rilevanza a livello mondiale fino al secondo dopoguerra. Dal 1970 al 2012 si è registrato un forte ridimensionamento della produzione e delle superfici investite a mandorlo passando da 230.000 a 90.000 t prodotte e da 296.000 a 68.500 ha investiti; oggi la coltivazione è concentrata prevalentemente in Sicilia e in Puglia, che coprono insieme il 96,4% della produzione totale e il 95% della superficie interessata (dati ISTAT, 2011). Per le restanti regioni solo la Sardegna riporta una superficie mandorlicola significativa (3.500 ha), mentre le altre hanno quasi totalmente abbandonato la coltivazione. Ogni nazione mandorlicola possiede un proprio patrimonio varietale. Le varietà californiane sono caratterizzate dall’avere un guscio tenero e un’alta resa. In particolare, la cultivar Nonpareil fornisce da sola il 50% della produzione californiana. In Italia le cultivar sono principalmente a guscio duro. Prevalgono le varietà Pizzuta d’Avola e Fascionello per la confetteria, Filippo Ceo, Fragiulio Grande, Genco, Tuono e Falsa Barese tra le cultivar tradizionali e la francese Ferragnés tra quelle internazionali. In conclusione, si può affermare che la mandorlicoltura nel mondo ha visto una crescita moderata delle produzioni dal 2000 ad oggi, mentre si è mantenuta stabile in Italia dopo il ridimensionamento della seconda metà del secolo scorso. Esiste indubbiamente un ampio margine per interventi innovativi che favoriscano l’ammodernamento degli impianti e delle tecniche colturali per migliorare le produzioni e ridurre l’approvvigionamento dall’estero.
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